domenica 7 febbraio 2016

.. MA SULLA TUA PAROLA...

MEDITIAMO CON P. FAUSTINO MACCHIELLA
 (Is 8,1-8;  Sal 137;  1Cor 15,1-11;  Lc 5,1-11)

Non sarebbe male abituarsi a sentire l’incontro domenicale con Gesù come ripresa e continuazione con quelli precedenti. Troveremo sempre, nella liturgia del giorno corrente, qualche richiamo al “… dove eravamo rimasti? Ah, sì!...” e riprendere, e continuare il nostro rapporto, del resto mai totalmente  interrotto. La liturgia di oggi ne è un esempio chiarissimo. Già nella colletta troviamo questo saldo aggancio con l’impensabile accaduto (Natale-Epifania-Battesimo-Nozze di Cana: grazia su grazia) e la nuova proposta del Signore (Vi farò pescatori di uomini!); infatti all’inizio così preghiamo: “Poiché unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da Te, aiutaci sempre con la tua protezione.
Il passo in avanti che il Signore intende farci fare oggi è appunto questo: che la vera speranza non è tenuta alta dalle nostre capacità o frenata dai nostri limiti, ma è ancorata saldamente alla grazia che viene da Lui: come vuole Lui e quando vuole Lui. A noi chiede di starci sempre, anche quando ci pare inutile e assurdo. (S.Teresa, madre e maestra, lo richiama e lo ribadisce come primo atteggiamento per chi inizia a frequentare il Signore per mezzo dell’orazione. Il primo modo di innaffiare un giardino è quello di andare con un secchio ad attingere acqua dal pozzo. E fin qui va bene. Ma se nel pozzo acqua non ce n’è, cosa si deve fare? Risponde Teresa: Continua ad andarci, perché questo è il tuo compito. Riempire il pozzo di acqua, è un problema del Signore. Ed Egli è contento che tu faccia quello che ti è chiesto. Cfr Vita,11,10).
Il concetto era già abbastanza chiaro anche per l’A.T. (Isaia 6,1…). Se la santità di Dio, come è logico, mette a disagio la nostra opacità (Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito), la sua Misericordia ci purifica e ci rende capaci di offrirci generosamente al suo disegno («Ecco, è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!»); e lo sarà naturalmente ancora di più per S. Paolo (1Cor 15): sì, siamo ingrati e inadempienti più di quanto non immaginiamo, ma per grazia siamo quello che siamo (cioè, figli); e quindi possiamo cantare con gioia al Signore (Salmo).  

Noi oggi, però, siamo invitati a sederci con Gesù sulla barca di Pietro per imparare dalle sue reazioni a capire e a vivere possibilmente meglio la nostra speranza qui e ora, in questo nostro mondo, dove sembra che sia diventata merce rara o addirittura introvabile. Infatti Gesù parte proprio da una situazione fallimentare, alla quale sarebbe meglio concedere il tempo di stemperarsi.
Pietro e compagni, pescatori di sicura esperienza, passano una notte nella vana speranza di scorgere almeno  qualche pesce. Proprio niente! Sono tornati a riva e stanno tornando a casa delusi e affaticati. Lo sappiamo bene anche noi che a volte il niente logora più di un pesante lavoro! Gesù invece non è di questo parere: lo sa che non hanno preso niente; lo sa che sono delusi e stanchi; lo sa che vorrebbero solo andarsene a casa. E sa anche che potrebbe chiedere il favore a qualche altro. Invece, come se niente fosse, sale sulla barca di Pietro e gli chiede di scostarsi un po’ dalla riva per poter parlare più tranquillamente alla folla.
San Luca non ci suggerisce alcuna reazione di Pietro, ma noi possiamo immaginarle, pensando alle nostre e a come rinfaccerà poi a Gesù di aver faticato tutta la notte. Possiamo quindi dirci che Gesù sa e accetta che noi a volte ci lasciamo infagottare dalle nostre piccole o apparentemente grandi delusioni; ma vuole senz’altro che ci ricordiamo di essere su una barca in cui c’è anche Lui; e quindi secondo l’audacia di S. Teresa di G.B. lo lasciamo fare quello che vuole; accettando magari di andare a fondo con Lui, piuttosto che buttargli in faccia la nostra poca fede.

Finito di parlare alla gente e congedata la folla, innocentemente Gesù guarda Pietro e gli dice di prendere il largo e gettare la rete per la pesca. Anche Pietro guarda Gesù e forse avrebbe voluto rispondere: “Non è possibile! Come si permette di dirci una cosa simile? Ma chi crede di essere? Noi sappiamo che non si può andare a pescare, se non per sport, di giorno!”; ma invece si accontenta di dirgli tristemente: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte senza prendere nulla; ma sulla tua parola getterò la rete!”. E certamente pensava che non avrebbero preso niente; e credeva di avere ragione lui; e si riservava di dirglielo alla fine: “Visto? Che ti dicevo?”.
È bello pensare che anche Gesù stava valutando la portata di quel sì detto a denti stretti; e gli bastava che Pietro non si fosse rifiutato; accettava la fatica e la povertà di quella obbedienza; e vedeva l’abbondanza di quella pesca fatta solo per scommessa. Era un sì strappato quasi a forza, per convenienza, per non mancare di rispetto, ma pur sempre un passare dalla propria alla sua Parola. Gesù sa la fatica e la titubanza del nostro credere, non al mistero della SS. Trinità, a quello ci crediamo, ci vorrebbe altro, ma la paura di fidarci pienamente di Lui nelle piccole cose di ogni giorno, di consegnarci, di metterci nelle sue mani, di dirgli che ci può usare come vuole.
Pietro era sicuro della sua esperienza, sicuro che non avrebbe preso proprio niente: lo si capisce chiaramente dalla sceneggiata che farà poi gettandosi ai piedi di Gesù («Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore»). Ma, nonostante tutto, obbedisce alla Parola di Gesù: sulla Tua Parola.  
Gesù lo sa che non ci crede, ma vede che obbedisce; e quindi gli regala lo stupore di quella meravigliosa pesca in pieno giorno, perché la Sua Parola è portatrice di ciò che annuncia, compie sempre ciò che dice.

Se chiedessimo a Pietro cosa è successo dopo quella strabigliante pesca, ci direbbe con tanta umiltà che ci sono volute molte altre prodigiose pesche (vai dietro a me satana; questa stessa notte prima che il gallo canti mi avrai rinnegato tre volte; tu lo sai, Signore, che ti amo) per arrivare a credere incondizionatamente, come Maria, alla Sua Parola; ma nel frattempo è assolutamente bene che facciamo tutto quello che la Sua Parola e le varie derivazioni (Regola, Costituzioni, Statuto OCDS) ci chiedono.
La nostra Santa Madre Teresa l’ha vissuto in pieno e ce lo ripete con frequenza nei suoi scritti: l’Obbedienza è molto più sicura di tanti nostri voli mistici! (F. Prologo,1).

                                                                                                                 P. Faustino Macchiella – Venezia)