domenica 1 maggio 2016

Il grande dono dello Spirito, da custodire in noi

MEDITIAMO CON P. GIORGIO ROSSI
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14, 23-29).


In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: 
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».


Abbiamo bisogno di un Consolatore. Qualcuno che, dinanzi alle difficoltà, ai dubbi, alle angosce, ci sussurri che Dio ci ama, che non si è dimenticato di noi. Non possiamo fare a meno di Qualcuno che ci ricordi le parole del Signore, che le sigilli e le custodisca in noi. Qualcuno che ci dia forza e audacia, per osservare, custodire, compiere. Qualcuno che ci unisca al Signore. Lo Spirito Santo: è Lui il Consolatore che ci pone nell'intimità di Dio. Per questo il compimento del Mistero Pasquale del Signore è l’effusione dello Spirito Santo, il dono che, colmando il nostro cuore, non delude la speranza e ci fa partecipi della natura divina, ci fa familiari di Dio. Queste non sono solo affermazioni di un libro di teologia, sono la nostra vita. Il dimorare in Dio, il rimanere nell’amore di Gesù non è questione di sentimenti. È vivere come Lui, rimanere in Lui perché sia Lui ad operare in noi.
In ogni momento possiamo rimanere in Cristo, custodendo la sua opera in noi. Come fu in quel pomeriggio per Giovanni e Andrea che andarono e videro dove Gesù abitava rimanendo presso di Lui, è possibile anche per noi andare da Lui negli eventi concreti, alle quattro del pomeriggio, come alle sette della mattina o alle nove della sera, per vedere la sua dimora nella nostra storia e rimanere presso di Lui. Uscendo con la fidanzata, con il testo di algebra o di anatomia dinanzi agli occhi, cambiando pannolini o passando l’aspirapolvere, al mercato o sulla metropolitana, in una riunione di marketing o imbottigliati nel traffico dell’ora di punta, ogni luogo è quello giusto per dimorare in Cristo. Ascoltare e custodire in ogni istante, per vedere crescere in noi il frutto squisito dell’intimità con Lui, il dono totale del suo amore che suscita il dono di noi stessi, la gioia piena che nessuno potrà mai toglierci.
Conosciamo i nostri limiti. Per questo ci è necessario un Consolatore, uno che ci ripeta “Coraggio, non temere, tu sei Figlio, Dio ti ama e compirà in te l’opera Sua”. Abbiamo bisogno della vita di Dio, del Suo respiro di vita in noi. Ne abbiamo bisogno, più dell’aria che respiriamo. Perché è lo stesso amore con il quale possiamo amare Dio e il Suo Figlio e così dimorare in Loro ed Essi in noi.
Nell'Antico Testamento “Dimora” è il termine con cui è indicato il “santuario”. Il nome sottolinea la decisione di Dio di “abitare” in mezzo al suo popolo.

In Cristo, Dimora incarnata di Dio, i cristiani, unti (cristi) dello stesso Spirito, testimoniano nella propria vita, portando in sé l’Arca dell’Alleanza, l’amore infinito di Dio per tutti gli uomini, speranza e segno tangibile della sua dimora tra di loro. Sulla nostra vita vigilano i cherubini, come dinanzi alla tomba vuota del Signore, a segnare il cammino di ritorno al Paradiso già da loro sbarrato, la dimora eterna preparata da Dio in Cristo suo Figlio. È lo Spirito Santo che rende attuale in ogni nostro giorno l’esperienza unica del Sinai, nel dono rinnovato dell’Alleanza e nel potere di ascoltare e compiere ogni comandamento.
Lo Spirito Santo è Colui che ci fa uno con Dio, che ci trasporta, per così dire, nella profondità divina per colmarci della Sua natura. Non si tratta così di sforzarci, di impegnarci, di buona volontà. Non basta. L’agape è dono che viene dal Cielo. Amare Gesù è soprattutto quella rettitudine di intenzione che si coniuga nel desiderio di Lui, nel custodire trepidanti le sue Parole di vita, come si custodisce gelosamente la cosa più cara. Amarlo perché prenda dimora insieme con il Padre è gemere attraverso lo Spirito Santo implorando di compiere in noi quanto non siamo capaci, perché senza di Lui non possiamo fare nulla, non siamo casti, sinceri, generosi, pazienti, mansueti, rispettosi. Senza di Lui non sappiamo amare, e così amarlo è soprattutto un desiderio ardente di poter finalmente amare. Questo dono oggi è pronto per noi, come ogni giorno. In esso è custodita la memoria della vita di Cristo e delle sue Parole, come nell’Arca era custodita l’Alleanza che faceva dimorare Dio in mezzo al Popolo; per lo Spirito Santo che ha unto la Dimora e il Signore Gesù, possiamo ricordare, credere, sperare, amare. E’ il Consolatore che il Padre ci dona perché ci ama e ci ha legati a sé, eternamente. Perché …
«Non si può esporre lo Spirito di Dio come una merce.Solo chi lo porta in sé, lo potrà vedere.Vedere e venire, vedere e dimorare
vanno di pari passo e sono inscindibili.
vanno di pari passo e sono inscindibili.Lo Spirito dimora nella parola di Gesùe non si ottiene la parola mediante discorsi,bensì mediante la costanza, mediante la vita» (Joseph Ratzinger, Dio e il mondo).
p. Giorgio Rossi