domenica 26 giugno 2016

Una fede che si fa vita


MEDITIAMO CON P. SANTO SESSA

Sei tu, Signore, l’unico mio bene….nelle tue mani è la mia vita.
Queste parole del Salmo Responsoriale mi sembra, introducano al tema della Parola di Dio di questa Domenica:
“Cammino” e “sequela”, “chiamata gratuita di Dio” e “risposta libera dell’uomo”.
Il mistero della “Chiamata” è, infatti, motivo di riflessione in questa XIII domenica.
Se Dio è il ‘Tutto’ per l’uomo, tutta la sua vita è chiamata a cercarlo, a seguirlo, a incamminarsi verso di Lui.

Dio ha posto nel cuore dell’uomo il desiderio, la ‘nostalgia’ dell’Infinito, di Lui e sempre lo chiama perché Egli è l’unico Bene che può saziare il cuore dell’uomo, di ogni uomo.

Cammino:

Ne vangelo troviamo sempre Gesù “in cammino”, in piena obbedienza al Padre, Egli è venuto per compiere la missione di salvezza datagli dal Padre, suo unico “cibo” è fare la volontà del Padre, incamminandosi in essa.
Tutta la sua vita terrena è una totale adesione alla volontà del Padre, il quale vuole che “nulla vada perduto”.

Anche nel brano del vangelo di oggi, Gesù è “in cammino” dopo aver preso una “ferma decisione”, “verso Gerusalemme” che in Luca significa “camminare verso la Sua Passione e Morte”, verso il compimento di quella missione che il Padre gli ha consegnato e attraverso cui accadrà la salvezza di tutti gli uomini.

Camminare significa anche fede, una fede che non si adagia, una fede che sull’esempio di Gesù, aderisce sempre più totalmente alla volontà del Padre.

In questo cammino, Gesù coinvolge anche i discepoli e tutti coloro che sono disposti a seguirlo, a camminare con Lui e in Lui, a condividere la sua ‘passione’ per l’uomo, per l’umanità intera.

Sequela:

Ma ogni chiamato, per poter collaborare alla missione divina del Messia, deve esser pronto a condividere la vita e il destino di Gesù, riconoscendolo e accettandolo nella propria vita e come scelta di vita.

Non si tratta quindi tanto di aderire a una dottrina, ad un semplice ‘ideale’, ma di legarsi e aderire alla sua Persona.
Diceva infatti Benedetto XVI:

«La fede cristiana non è un’idea, ma una vita»

e «..all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea,

bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte

e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10),

l'amore adesso non è più solo un ”comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore,

col quale Dio ci viene incontro.» (Deus caritas est, n.1).



Nella Prima Lettura

Elia getta il mantello su Eliseo (è un gesto che ha più significati: porre sotto la propria protezione, trasmettere un dono particolare, ma soprattutto qui il significato è rendere partecipe della missione profetica), si tratta di un ‘passaggio di consegna’. Eliseo dovrà liberamente continuare la missione di Elia.

Difatti «Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi

fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse.

Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.»



Nel Vangelo
Gesù attraverso 3 ‘tipologie’ di persone, rivela il ‘come’ essere suoi veri discepoli, il ‘come’ deve comportarsi chiunque voglia seguirlo.

Ma la CHIAMATA affinché diventi vera SEQUELA, esige prima una ferma DECISIONE

Veniamo al primo caso.

«Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”.»

C’è sicuramente desiderio, buona volontà nel voler seguire Gesù, ma subito Gesù mette in guardia da qualsiasi facile entusiasmo e da una fede più ‘emotiva’ che ‘matura’, perché l’entusiasmo è un sentimento passeggero, mentre la fede ‘adulta’ è una consegna incondizionata e totale a Lui.
E’ interessante come Gesù non presenti mai una fede ‘facile’, ‘scontata’, ‘comoda e accomodante’: per cui parla di “porta stretta”, di ‘croce’, di ‘fedeltà perseverante’, anche in questo caso e nel vangelo di oggi.

Infatti Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi,

ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

Gesù, attraverso questa sua ‘precarietà’ e ‘provvisorietà’, vuole indicare come il discepolo deve imparare da Lui una autentica generosità incondizionata, questo essere sempre in cammino per andare verso tutti.

Come dice oggi continuamente Papa Francesco, “Uscire verso le ‘periferie’ per incontrare ogni uomo…”
Ma Gesù vuole anche indicare una fiducia totale alla Provvidenza di Dio, da cui vogliamo dipendere.

«A un altro disse:“Seguimi”. E costui rispose: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gli replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”.»
E’ il secondo caso. Qui è Gesù a chiamare, a prendere l’iniziativa. Anche se, successivamente, la sua risposta può apparire ‘troppo dura’, addirittura ‘disumana’, è chiaro che Gesù non vuole sminuire gli affetti e i doveri umani, quanto invece, mettere in risalto il fatto che l’Amore verso di Lui deve venire prima degli affetti e dei doveri umani, deve avere la priorità su tutto e su tutti: come dirà altrove “Chi avrà lasciato casa, fratelli, madre, moglie….per il regno di Dio…riceverà la ricompensa e il centuplo, già da ora”

E veniamo al terzo caso:

«Un altro disse:“Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.»

Anche qui una risposta di Gesù volutamente ‘paradossale’ e ‘dura’. Ma cosa vuole insegnarci?
Gesù vuole indicare la ROTTURA COL PASSATO (“non volgersi indietro…”) e il TOTALE DISTACCO.

Perché solo un tale atteggiamento permette di avere un cuore libero, non pre-occupato per le cose o persone lasciate (o messe in secondo piano) ma pre-occupato dalle ‘cose’ di Dio.
Come direbbe S. Paolo: “Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui…”
“…tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede…”

L'urgenza del Regno di Dio non ammette lentezze , ripensamenti, indugi ma prontezza e decisione.



Quindi: CONSEGNA, DISTACCO-DECISIONE, RADICALITA’ e tutto ciò nella TOTALITA’: queste sono le caratteristiche di chi ha posto tutta la propria vita in Cristo, di chi ha orientato tutta la propria vita verso l’ESSENZIALE ritenendo tutto il resto come SECONDARIO.

Perché “Dio non si dà del tutto se noi non ci diamo del tutto a Dio” (cfr S. Teresa di Gesù)

Seguire Cristo e Cristo Crocifisso e Risorto

Per ultimo, Gesù nel suo chiamare “camminando decisamente verso Gerusalemme…”, soprattutto vuole far comprendere che chiunque voglia seguirlo, deve sulle orme del Maestro, accettare la croce.

Come indicava anche altrove: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23)

E’ importante ricordare che la “chiamata” non è fine a se stessa o un ‘fatto privato’ per il chiamato.
Dio chiama perché si collabori col Suo Disegno Salvifico, perché il Suo Regno si dilati e giunga ai ‘lontani’.

Poi, il fatto che la chiamata implichi la ‘croce’, la prova è perché solo conformandoci a Gesù-Maestro e Signore, che ha scelto la strada maestra della sofferenza-croce, la nostra sequela e missione diventi feconda, porti cioè non frutti nostri ma di Gesù attraverso noi.

Diceva stupendamente Edith Stein (S. Teresa Benedetta della Croce), ebrea convertita al cattolicesimo e poi monaca carmelitana scalza e martire ad Auschwitz per aver liberamente seguito e aderito alla Croce di Cristo:

«Esiste una chiamata a patire con Cristo e perciò a collaborare con Lui all’opera di redenzione.

Se siamo uniti al Signore, siamo membra del corpo mistico di Cristo, che continua a vivere nei suoi membri e soffre in loro; e il dolore (la croce) portato in unione con il Signore, è suo,  innestato nella grande opera della redenzione, e per questo è fecondo  ….attraverso una sofferenza liberamente accettata,  ……per intercedere per i peccatori e collaborare alla redenzione dell’umanità.».

Interessante l’intuizione di Edith Stein (e per questo darà la sua stessa vita):

la nostra chiamata, la nostra croce, sofferenza, ecc…vissute ‘individualisticamente’ rimangono ‘sterili’,  invece se li innestiamo alla croce-sofferenza di Cristo, diventano feconde per noi e soprattutto per la salvezza e la conversione delle anime.
Si tratta di quel “Completare nella propria carne ciò che manca ai patimenti di Cristo  a favore del suo Corpo che è la Chiesa”, di cui parla S. Paolo.
Anche a noi, oggi più che mai, in una società ‘scristianizzata’, in una umanità disorientata che ha dimenticato Dio, in una realtà che si prefigge il chiaro progetto di togliere la speranza e le certezze (lavoro, famiglia, valori, fede…) dal cuore dell’uomo, anche a noi Gesù continua a dire: «Seguimi».
Perché oggi, più che in ogni altro tempo, il mondo ha bisogno di cristiani credibili che, attraverso una ‘radicalità evangelica”, sappiano essere portatori di Speranza, portatori di Cristo.

Come affermava S. Agostino:
            «Quello che fa avanzare sulla via è l'amore di Dio e del prossimo.
   Chi ama corre, e la corsa è tanto più alacre quanto più è profondo l'amore.
   A un amore debole corrisponde un cammino lento,
   e se addirittura manca l'amore, ecco che uno si arresta sulla via,
   e se rimpiange la vita mondana, è come se volgesse indietro lo sguardo,
   non guardando più alla patria.
   Non giova che uno si metta sulla via e poi invece di camminare torni indietro.
   Se uno si è posto sulla via e guarda indietro volgendo ancora il suo amore al mondo,
   non fa che ritornare là donde era partito.».

P. Santo Sessa