sabato 26 novembre 2016

I Domenica di Avvento: Dio viene, l'ha promesso

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO
Anno A
Is 2, 1-5; Rm 13,11-14; Mt 24, 37- 44
27 novembre 2016
1.      Dio viene.

Iniziamo il Tempo liturgico dell’Avvento accogliendo l'impellente ammonimento ivi contenuto: Dio è in cammino verso di noi. Questo era il crescente presentimento dell’intero Antico Testamento, il quale aspettava con l'arrivo del suo Messia anche il tempo finale.
Era stato l'immediato presentimento anche di Giovanni il Battista, il quale secondo tutti e tre i sinottici non voleva far altro che preparare nel deserto una via al Signore e annunciare un giudizio che divide: «Già la scure è posta alla radice dell' albero» (Le 3,9). Ciò che viene dopo di lui è l'ultima decisione di Dio per la storia.


Tutti e tre i testi della S. Scrittura che abbiamo ascoltato sono ordinati a questo venire di Dio, vogliono svegliarci dal sonno e dall’indifferenza, esortarci ad attendere il Signore cinti i fianchi e con fiaccole ardenti o con olio nelle lampade.
S. Paolo nella seconda lettura vi insiste in modo particolare: si può leggere l'avvicinarsi di Dio nel tempo della propria vita. Anzi: Dio si è già avvicinato dal momento della nostra conversione…
Il Vangelo insiste in pieno su una simile vigilanza. Non pensa si possa osservare in rapporti terreni il venire di Dio: Dio penetra nella storia per così dire verticalmente dall’alto, viene per tutti in un’ora che non ci si aspetta. Proprio per questo bisogna sempre aspettarlo. Non vengono sorpresi quelli che lo stanno attendendo come “veniente” in ogni istante…
I Santi ci sono maestri nell’arte di questa attesa del “Veniente”. In particolare S. Teresa di Gesù ha insegnato  che il «metodo» della vigilanza consiste nel “familiarizzare” già fin da quaggiù con il Signore attraverso l’Orazione intesa come un intimo e quotidiano incontro di amicizia “con Colui dal quale sappiamo di essere amati” [Vita 8,5]; oppure S. Elisabetta della Trinità che, anche tra le attività più concrete,  pregava: « Signore, che io non ti lasci mai solo, che io sia là tutta, interamente desta nella mia fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua Azione creatrice» [Elevazione alla S. Trinità].

2.      L'attesa.

Ancora: dalle Letture che abbiamo ascoltato, la Parola di Dio ci ricorda che la richiesta vigilanza chiede anzitutto un distinguerci dal corso del «mondo che vive senza attesa». Il «mondo» nel suo vivere ha in ogni caso di mira mete intramondane che non mutano nulla di essenziale alle sue quotidiane abitudini.
Per il mondo che vive nella distrazione il «mangiare, il bere e lo sposarsi» è vissuto senza presagire che con il “venire di Dio” può irrompere su di essi qualcosa di simile al diluvio. San Paolo chiama questo agitarsi puramente umano «le opere delle tenebre», perché non sono fatte in ordine alla luce che verrà.
Invece, per chi vive attendendo “Colui che deve venire”, quanto è terreno mostra il suo vero valore a partire da questa «Luce che viene»:
-          Il mangiare e bere restano, ma senza «banchetti smisurati»,
-          lo sposarsi rimane, ma senza «impudicizia e dissipazione»,
-          il lavoro nei campi e al mulino restano, ma «senza contesa e gelosia».
Quanto è terreno viene in questo modo regolato e dominato mediante l'attesa di Dio, e così limitato al necessario… e comunque vissuto alla luce dell’unico vero scopo di tutta la vita: come preparazione all’incontro con “Colui che viene”…
Se l’agitarsi del mondo è sonno, con l’Avvento è giunto il momento migliore per svegliarsi. E già questo svegliarsi è un principio di Luce, un armarsi come con le «armi della luce», per lottare contro un riaddomentarsi nella storia del mondo abbandonata da Dio…

3.      Nella luce del Signore.

La grande visione iniziale di Isaia – di cui ci parla la prima Lettura – descrive coloro che attendono Dio come un “monte spirituale”, alla cui Luce tutti i popoli possono orientarsi, perché:
-          unicamente di lì viene «la giustizia nella contesa delle nazioni»,
-          unicamente lì l’incessante guerra intramondana viene placata in una vera pace donata di Dio,
-          unicamente di lì il mondo, per sé oscuro, può andare per «la sua strada nella luce del Signore». 
Ciò evidentemente non avverrà senza divisione e giudizio: uno viene preso, l'altro lasciato ci ricorda il Vangelo…
La promessa del “Dio che viene” deve avere in sé, per il mondo sordo, anche una minaccia. Una minaccia propriamente solo nel senso di un'ammonizione ad essere vigili e pronti. Per i vigilanti, infatti, l'avvento di Dio non è affatto motivo di paura o di sorpresa: quando Dio arriva, «alzate il vostro capo – esclama il vangelo di S. Luca – perché la vostra liberazione si avvicina» (Lc 21, 28).
È vero: quando la vigilanza è divenuta “familiarità” con l’Atteso, allora la Venuta del Signore non solo ha superato ogni paura, ma – come ci dicono i mistici – diviene una relazione lungamente aspettata nella certezza di un vero Amore coltivato.
Ecco, per esempio, come S. Giovanni della Croce ci descrive «l’incontro» con Colui che, lungo la vita, è stato cercato come Amico e Confidente fino a imparare ad avvertirne la Presenza nelle attività del vivere di ogni giorno, o come soleva ripetere S. Teresa di Gesù alle sue monache: “fra le pentole” [Fondazioni 5, 8].
«In quest’intima unione Dio si comunica all’anima con tale intensità d’amore che non c’è affetto di madre che accarezzi con tanta tenerezza il figlio, né amore di fratello o amicizia di amico che possano reggere al confronto. La tenerezza e la sincerità dell’amore con cui l’immenso Padre accarezza e rende grande quest’anima umile e piena d’amore – cosa meravigliosa e degna d’ogni sgomento e stupore! – arriva al punto che egli le si sottomette realmente per elevarla, come se fosse lei la signora e lui il servo. Ed è tanto sollecito nel colmarla di carezze, quasi che egli fosse il suo schiavo ed essa il suo Dio! Tanto profonda è l’umiltà e la dolcezza di Dio! In questa comunicazione d’amore egli esercita, in qualche modo, quel servizio che, come ha promesso nel vangelo, presterà ai suoi eletti in cielo, secondo cui si cingerà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli (Lc 12,37). In questo stato egli si adopera per colmare di delizie e accarezzare l’anima come la madre che coccola il figlio, nutrendolo al suo seno. Così l’anima può constatare la veridicità delle parole di Isaia: I figli di Dio saranno portati al suo petto, sulle sue ginocchia saranno accarezzati (Is 66,12).» [Cantico Spirituale B, 27,1]
La Vergine Immacolata ci accompagni con la sua intercessione affinché – in questo tempo di Avvento – ne seguiamo con docilità le orme “dovunque ci condurrà” e possiamo così arrivare anche quest’anno alla grotta di Betlemme per rivivere il «miracolo di quell’incontro» che «unico» può rendere “viva” nuovamente la nostra vita…

P. Aldo Formentin ocd