mercoledì 12 luglio 2017

Condividere le emozioni: un viaggio in Terra Santa - 4




BETLEMME
Dopo questa piacevolissima sosta alle rive del Mar Morto abbiamo ripreso il cammino per Betlemme. La prima tappa è stata al monastero carmelitano fondato da Santa Maria di Gesù Crocifisso (la piccola araba). Dopo la recita di una preghiera nella Chiesa siamo stati ricevuti dalla priora che ci ha permesso di visitare la cella della Santa ed indossare la sua cappa bianca che in me ha suscitato un’intensità di emozioni. Il convento è costruito sulla grotta dove David fu unto e lì è sepolta Mariah che diceva: “Felici i piccoli. Per essi c’è sempre un posto. I grandi si trovano in imbarazzo dovunque vadano”.
Betlemme significa “casa del pane”. E’ una città palestinese di circa 30.000 abitanti a 8 Km da Gerusalemme, oggi separata da questa da un grande muro e controlli militari, immagine di tutti gli odi e di tutte le divisioni del mondo. Soltanto 50 anni fa, i cristiani erano più dell’80 per cento. Oggi si sono ridotti al 10 per cento e sono sottomessi a forti pressioni.

Qui volle nascere Cristo: per farsi carico dei nostri peccati e delle nostre miserie.

L’aspetto esterno della Chiesa è molto severo e la fa assomigliare ad una fortezza medievale. La facciata è racchiusa fra le mura di tre monasteri. Un tempo vi erano tre porte, due delle quali furono murate. La porta centrale fu notevolmente rimpicciolita per impedire agli intrusi di entrarvi in sella alle loro cavalcature. Essa dunque obbliga ognuno che vi entra a compiere un gesto di umiltà curvandosi. Tutte le generazioni sembrano così ritrovarsi per rendere omaggio all’umile Bambino di Betlemme.

Abbiamo visitato la grotta della Natività, il luogo dove Maria avrebbe deposto suo figlio. Questo è ciò che resta per evocare l’Incarnazione del Verbo che, nella povertà e nell’Umiltà, è venuto a condividere la nostra condizione umana. La grotta di Betlemme porta i segni del logorio del tempo. Intorno non vi sono che muri anneriti dal fumo delle lampade e dei ceri. Ad est della Chiesa della Natività, c’è la “Grotta del Latte”. La tradizione racconta che durante la fuga in Egitto, la Sacra Famiglia si sia fermata lì. Mentre la Madonna allattava il Bambino Gesù, una goccia di latte cadde su una roccia, che divenne completamente (e immediatamente) bianca.

AIN KARIM

“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore” (Lc 1,46)

“In quei medesimi giorni, Maria si mise in viaggio in tutta fretta verso la montagna, a una città di Giuda. Ed entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1,39). Betlemme, Hebron, Macheronte, Gerusalemme, Sebaste e vari altri luoghi meno noti, sono stati ritenuti patria di Giovanni Battista. Ma Ain Karim è il luogo più probabile. Zaccaria infatti prestava servizio al tempio e non doveva abitare molto lontano. Inoltre intorno al pozzo, sotto la Chiesa della Visitazione, sono state trovate tracce di un’occupazione molto antica. Secondo una leggenda anteriore al VI secolo, riportata dal protovangelo di Giacomo, Elisabetta avrebbe condotto Giovanni Battista bambino in questo luogo per sottrarlo al massacro dei Santi Innocenti. Mentre i soldati di Erode li inseguivano il suolo si sarebbe aperto miracolosamente sotto i loro passi, offrendo un rifugio. Qui fu eretta una Chiesa che costituisce la testimonianza più antica del culto di Giovanni Battista in Palestina e che servì in seguito anche a commemorare l’incontro della Madonna ed Elisabetta.

Due Chiese ci attendono a Ain Karim. La prima, che è posta al centro del paese, fu costruita su un antico santuario del IV sec., là dove la tradizione pone la casa di Zaccaria e Elisabetta. Essa ricorda la natività di Giovanni Battista, il Precursore. La seconda si erge sulla collina vicina, in mezzo ai cipressi. Trovandosi incinta nella sua vecchiaia, Elisabetta avrebbe scelto di vivere fino alla nascita del figlio in questo luogo ritirato. Qui ricevette la visita di Maria, sua cugina. La Basilica fu costruita nel 1938 dai padri francescani. Appena si entra, si è accolti dal Magnificat scritto sui muri in 41 lingue.

GERUSALEMME

Ultima tappa del nostro pellegrinaggio. Appena giunti a Gerusalemme quello che più colpisce sono le mura per la loro imponenza. Il loro perimetro è di circa 3 Km e la loro altezza di 13 metri. Sono munite di 34 torrioni e di nove porte: la Porta Nuova, la Porta di Damasco, la Porta di Erode, la Porta dei Leoni, la Porta di santo Stefano, la Porta d’Oro che fu chiusa dai Turchi nel 1530, la Porta di Sion, la Porta dei Magrebini e la Porta di Giaffa.

“E ora i nostri piedi si fermano entro le tue porte, Gerusalemme. Gerusalemme è costruita come città salda e compatta” (Salmo 122, 2-3).

Il suo nome significa “Città di pace”. Dopo la morte di Gesù, Gerusalemme è stata conquistata 11 volte e distrutta totalmente 5 volte. In nessun posto del mondo si è pregato tanto e in nessun posto del mondo si è versato tanto sangue.

Gerusalemme, città affascinante per il suo miscuglio di monumenti, anfratti, gente, odori e colori. Nelle sue strade, giovani militari passeggiano con le mitragliatrici a spalla; i numerosi minareti chiamano a raccolta i musulmani per le loro preghiere; decine di ebrei ortodossi con i loro boccoli, cappelli neri e lunghi cappotti, si muovono da un posto all’altro; gli abiti marroni dei frati francescani e le tuniche nere dei monaci ortodossi si confondono tra centinaia di pellegrini e turisti di tutte le nazionalità. Si mescolano sguardi di stupore con altri indifferenti e alcuni di sfida.

Nel bazar musulmano della città antica, i venditori gridano le loro mercanzie, mentre le radio suonano a tutto volume; i pellegrini intonano canti nelle diverse lingue mentre pregano la Via Crucis; i bambini giocano per le strade, gridando con tutte le loro forze. Il rumore e il disordine non sembrano frastornare le donne locali, che passano silenziose, con il capo coperto dal loro grande foulard, o guardano nascoste dalle porte e finestre. Malgrado tutto, il visitatore si addentra affascinato da questo mondo strano, diverso da quello che prima aveva potuto immaginare sulla città Santa.

Nella spianata del tempio si conservano due grandi moschee: la moschea dorata di Omar o cupola della roccia, e quella di Al – Aqsa.

Il Muro del Pianto è il luogo santo per eccellenza del popolo ebraico. La tradizione di pregare presso di esso si è mantenuta nel corso dei secoli. Gli ebrei ritengono che sia il punto più sacro disponibile sulla faccia della terra e che Dio sia lì vicino a sentire le loro preghiere. Pertanto, nelle fessure del muro infilano dei foglietti arrotolati sui quali scrivono preghiere.

La città per il resto è piena di rovine archeologiche e di monumenti storici (il Cardo romano, Chiese, sinagoghe, moschee, palazzi, musei…). Per noi gli edifici più interessanti sono quelli che ricordano gli eventi della vita del Signore.



IL SANTO SEPOLCRO

“Presero dunque Gesù, che portando la sua croce, uscì dalla città per andare in un luogo detto Cranio, in ebraico Golgota, dove lo crocifissero fra due malfattori” (Gv 19,17).
La Chiesa del Santo Sepolcro ricopre e riunisce oggi ciò che resta del Golgota – la collina su cui Cristo fu crocifisso – e il sepolcro in cui fu deposto il suo corpo. Sant’Elena, la madre di Costantino, fece costruire una Basilica sul Golgota, chiamata “Martirium” (luogo della testimonianza). Il luogo rimane inglobato nella Basilica del Santo Sepolcro, sopraelevato sul livello del resto del tempio, e conserva una cappella latina e un’altra greca, in cui si può vedere la roccia del monte dove Cristo fu crocifisso.

“Perché cercate fra i morti colui che vive?” (Lc 24,3).

“Giuseppe di Arimatea si presentò a Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato comandò che gli fosse consegnato. E Giuseppe preso il corpo lo avvolse in un bianco lenzuolo , lo depose nel suo sepolcro nuovo, che egli si era fatto scavare nella roccia, poi rotolando una pietra all’ingresso del sepolcro, se ne andò” (Mt 27, 58-60).

Una lunga fila di fedeli in muto silenzio, ogni giorno attende – ore ed ore – per visitare il luogo dove Gesù fu deposto, ma dove risuscitò vincendo il peccato e la morte.


MONTE SION

All’inizio, Sion era una denominazione della città, che occupa unicamente l’ “ofel” (la piccola collina di fronte al tempio, dove era situata la città gebusea conquistata da David, per cui fu chiamata “città di David”). Più tardi si chiamò monte Sion il monte sul quale fu costruito il tempio con tutte le sue dipendenze: i granai, le stalle, i tribunali e il palazzo di David (al tempo di Gesù, la torre Antonia).

I primi cristiani costruirono un tempio chiamato “Chiesa madre della santa Sion” sul luogo dove si trovava la casa di Maria, la madre di Marco. Qui si trova la tomba di David, il Cenacolo (che è il coro di un tempio costruito dai crociati sul luogo dell’Ultima Cena). Qui discese lo Spirito Santo sugli apostoli. In questo stesso luogo si riuniva la comunità prima e dopo la Pentecoste.

CHIESA DI SAN PIETRO IN GALLICANTU

Costruita sulla casa del sommo sacerdote Caifa, conserva la prigione dove Gesù fu rinchiuso la notte del Giovedì Santo, dopo il giudizio davanti al sinedrio, in attesa che arrivasse il giorno per condurlo a Pilato. Durante il giudizio di Gesù, così come egli stesso aveva profetizzato, san Pietro lo rinnegò tre volte prima che cantasse il gallo (“galli cantu”). Nei giardini si conserva una parte della strada di pietra che percorse Gesù dal Cenacolo al Monte degli Ulivi e da lì alla casa di Caifa.

IL MONTE DEGLI ULIVI

“Gesù amava venirvi con i suoi discepoli per meditare e pregare”

Dal Monte degli Ulivi si può contemplare una bellissima vista panoramica della città. Qui vi sono la Chiesa del Dominus Flevit, quella dell’Agonia, quella del Padre Nostro, quella dell’Ascensione, la Chiesa di Santa Maria Maddalena, quella greca della Tomba della Vergine ecc.

La Chiesa del Padre Nostro si eleva sopra la grotta sacra, dove, secondo la tradizione, il Cristo insegnò ai suoi discepoli il Padre Nostro. Vi è il monastero delle Carmelitane Scalze, fondato da una nipote di Napoleone. Le pareti del tempio e del Claustro sono decorate con il testo del Padre Nostro in 200 lingue.


IL GIARDINO DEL GETSEMANI



E’ posto ai piedi del Monte degli Ulivi ed è senza dubbio uno dei luoghi santi che più commuovono. In venti secoli il suo aspetto non è mutato. Qui Gesù trascorse la notte dell’agonia, durante la quale accettò di soffrire e morire in croce, portando su di sé i peccati del mondo. Qui resta lo stesso giardino e forse anche gli stessi ulivi.



Nella Chiesa del Getsemani, davanti all’altare si trova ciò che resta della pietra dell’agonia. In alto, sul frontone, un mosaico rappresenta il Cristo in preghiera nell’atto di offrire al Padre le sue sofferenze e quelle di tutta l’umanità.

LA VIA CRUCIS

“Gesù portando la sua croce uscì (dalla città)…” (Gv 19,17).

Gesù portando la sua croce, percorse tutta la Via Dolorosa dal Pretorio fino al Calvario.

Anche noi, abbiamo fatto la Via Crucis attraverso i vicoli della città vecchia. Anche questo è stato uno dei momenti molto commovente del pellegrinaggio. La via Dolorosa inizia accanto alla porta dei Leoni, nella “torre Antonia”, che domina la spianata del tempio. A partire da lì, numerose cappelle vanno ricordando le diverse stazioni della Via Crucis, fino ad arrivare al Santo Sepolcro, attraversando il convento copto e il convento etiope. Le prime due stazioni sono state situate nel cortile stesso della fortezza Antonia. Le sette seguenti sono dislocate nei vicoli della città vecchia e le cinque ultime all’interno del Santo Sepolcro.
Ultima sosta: Emmaus - Nicopolis. E’ un villaggio situato a circa 30 Km a ovest di Gerusalemme. Il nome stesso deriva dal termine ebraico “hammot”, che significa “sorgenti di acque calde”, nel III secolo d.C., la città riceve un nuovo nome e si chiama Nicopolis, che in greco significa: “la città della vittoria”.

A Emmaus si ricorda l’incontro di Cristo Risorto con i discepoli che scappavano da Gerusalemme con il desiderio di dimenticare ciò che avevano vissuto con Gesù e di tornare alle loro vite di prima.

Nell’Età Media i crociati identificarono Emmaus con El Qubeibeh, una cittadina a 11 Km da Gerusalemme, oggi nel territorio palestinese. Il luogo fu comprato dai francescani, i quali costruirono una Chiesa. Gli scavi hanno trovato i resti degli edifici medievali.

Nel 1878 quanto Santa Maria di Gesù Crocifisso da Betlemme si dirigeva a Nazareth per fondare lì un nuovo monastero, nel passare attraverso un campo abbandonato a 30 Km da Gerusalemme, sentì che lì si trovava l’Emmaus dei Vangeli, e convinse un’amica affinché comprasse i terreni e li regalasse alle carmelitane.

Quando furono iniziati gli scavi, si scoprirono i resti della città ebrea, romana e bizantina, iscrizioni e mosaici che identificavano il luogo con la Emmaus dei Vangeli:

“Te conocimos Señor, al partir el pan,

Tú nos conoces, Señor, al partir el pan”
.

Il nostro pellegrinaggio in Terra Santa termina con il rientro a Madrid. La mia mente e il mio cuore sono affollati di ricordi, immagini, emozioni, sensazioni uniche, sentimenti di ogni sorta che mi fanno elevare un rendimento di grazie al Signore e glorificarlo.

Il grazie ancora una volta è rivolto al Padre Eduardo ocd, “buon pastore”, il quale ci ha fatto vivere una forte esperienza di fede e di preghiera, accompagnata e sostenuta dalla lettura di diversi brani del Vangelo, di cui ha ricostruito sempre il contesto storico e religioso.

Angela Parigi ocds